I vizi e le virtù degli italiani, compreso il concetto di "bella figura" la tendenza a privilegiare l'apparenza, sono stati al centro di una conferenza dello scrittore Beppe Severgnini ieri sera alla Fiera del Libro di Kolkata (Calcutta). Lo scrittore e giornalista ha cercato di spiegare a un pubblico attento e curioso l'essenza dell"italianità", che è anche oggetto di un suo libro di successo, ora tradotto in bengalese, una lingua parlata da 90 milioni di persone tra India orientale e Bangladesh. Il volume uscito in inglese con il titolo 'La bella figura' (in italiano 'La testa degli italiani', 2006) è già stato tradotto in 12 idiomi. Racconta di un viaggio di dieci giorni in Italia attraverso 30 luoghi, in cui l'autore traccia un ritratto di un Paese che "ci manda in bestia e in estasi nel raggio di cento metri e nel giro di dieci minuti". Per spiegare agli indiani il concetto di "bella figura", Severgnini ha citato l'esempio della sciagurata manovra del capitano Schettino "che voleva mostrare la sua nave agli isolani" e dell'era Berlusconi "che sceglieva le ministre e le parlamentari sulla base dell'aspetto". Poi non è mancato il riferimento a Monti, una sorta di "medico in prima linea chiamato a rianimare il Paese al collasso". A fare da spalla al giornalista del Corriere della sera, lo scrittore Carlo Pizzati ('Tecnosciamanì e 'Criminal') e la bella Tishani Doshi ('Il piacere non può aspettaré), scrittrice, poetessa e danzatrice mezza indiana e mezza gallese, che ha presentato la sua ultima raccolta di poesie, 'Everything Begins Elsewhere'. E' sua la citazione da Salman Rushdie in cui si elencano le similitudini tra l'essenza indiana e quella italiana, descritta con maestria da Severgnini. "Quando gli indiani guardano gli italiani si vedono come allo specchio... - scrive Rushdie in un saggio - forse il gesticolare, la volubilità, l'affetto materno, la poesia, il gusto del cibo, il sistema per caste la veemenza oratoria...forse gli Italiani sono solo Indiani che bevono vino"
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