Dopo una lunga assenza, la scrittrice Dacia Maraini e' tornata in India a parlare della sua infanzia in Giappone, dell'amore per la scrittura, della violenza contro le donne e del significato della morte, su cui riflette nel suo ultimo libro 'La grande festa' uscito alla fine del 2011. L'autrice e' stata invitata al Salone del Libro di Kolkata (ex Calcutta), la piu' grande kermesse letteraria indiana, dove l'Italia e' quest'anno ospite di onore. Il suo intervento e' previsto sabato. Prima di partire per il West Bengala ha fatto sosta a New Delhi ieri sera per una conferenza insieme alla femminista indiana Urvashi Butalia organizzata dall'Istituto italiano di Cultura. Per la scrittrice siciliana, l'India e' rimasta quella esplorata nei viaggi con Alberto Moravia alla fine degli anni Sessanta, a cui si univa a volte anche l'amico Pier Paolo Pasolini. ''La mia ultima visita risale a circa 15 anni fa - ha detto all'ANSA - e ovviamente erano altro tempi. Ora l'India sta progredendo in modo tumultuoso. Anche loro dovranno ripensare quei modelli che da noi sembrano non funzionare piu' e fondare quello che io chiamo un ''nuovo umanesimo'' dove non dominano piu' i feticci del denaro e della produzione''. Dopo aver raccontato dei genitori internati in un campo di concentramento in Giappone perche' si rifiutarono di firmare l'adesione alla Repubblica di Salo', la Maraini ha fatto un excursus nella sua prolifica carriera letteraria e dell'impegno politico, soffermandosi in particolare sui soprusi contro le donne e i bambini ''che sono un piaga che si trova in qualsiasi Paese, anche in quelli avanzati, come l'Europa dove ogni due giorni una donna e' uccisa dal marito, amante o fidanzato''. Rispondendo alle domande di un numeroso e attento pubblico, che conosce le sue opere tradotte in inglese, ha poi approfondito il concetto della sofferenza, del silenzio e della scomparsa delle persone care. ''Nella cultura occidentale, i morti sono diventati vampiri o fantasmi, qualcosa di cui si ha paura, che si chiudono in bare e si mettono in colombaie di cemento negando loro il ritorno alla madre terra o, come accade in India, nelle acque dei fiumi sacri''.
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